"I saggi non piangono né per i vivi né per i morti"

[Bhagavadgītā]

Di fronte all'esercito nemico, formato da parenti e maestri, Arjuna è preso dallo sconforto ed è tentato di rinunciare alla battaglia. Si rivolge a Kṛṣṇa chiedendogli consiglio. Kṛṣṇa gli risponde indicandogli l'essenza spirituale, che non è soggetta a morte, e dunque non è necessario affliggersi per la morte dei nemici, più di quanto non occorra farlo per la propria.

Arjuna disse:

O uccisore dei nemici 1, come potrò combattendo colpire con frecce Bhisma e Drona, che sono degni di venerazione?

Meglio in questo mondo sarebbe vivere elemosinando, piuttosto che uccidere i grandi e nobili maestri. Se li uccidessi, otterrei godimenti macchiati di sangue.

Non so se sia meglio sconfiggerli o essere sconfitti da loro. I figli di Dhrtarāṣṭra2 sono schierati di fronte a noi. Se li uccideremo noi stessi non desidereremo più di vivere.

Lo sconforto mi travolge e sono confuso riguardo a ciò che è bene (dharma). Ti chiedo di dirmi con chiarezza cosa è bene per me. Sono il tuo discepolo, mi arrendo a te: istruiscimi.

Non vedo nulla che possa allontanare questo dolore che mi fiacca i sensi. Non lo vincerei nemmeno se avessi su questa terra un regno senza rivali o il dominio sui semidei.

Sanjaya disse:3

Avendo così detto al Signore dei sensi, Guḍākeśa4 , il castigatore dei nemici, disse: "Non combatterò, o Kṛṣṇa". E rimase in silenzio.

Allora Kṛṣṇa, sorridendo, in mezzo ai due eserciti, disse le seguenti parole all'afflitto Arjuna, o Bhārata.5

Il Signore Beato disse:

Anche se parli con saggezza, soffri per cose per le quali non occorre affliggersi. I saggi non piangono né per i vivi né per i morti.

Non c'è stato un tempo io cui io non sia esistito, e così tu e tutti questi re e non vi sarà un tempo in cui non esisteremo.

Il possessore del corpo passa attraverso l'infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, poi passa in un altro corpo. Il saggio non ne è turbato.

O figlio di Kunti, l'esperienza dei sensi ci dà il freddo e il caldo, il piacere e il dolore. Sono cose che appaiono e scompaiono. Sopportali, o Bhārata.6

O migliore degli uomini, colui che è equanime in condizioni che suscitano gioia e dolore è degno dell'immortalità.

Di ciò che è illusorio non c'è durata, di ciò che è reale non c'è cessazione. Questo hanno concluso i conoscitori della verità.7

 

1 Appellativo di Kṛṣṇa.
2 Il capostipite dei Kaurava.
3 Sanjaya è il veggente che racconta al re cieco Dhrtarāṣṭra la battaglia finale.
4 Il Conquistatore dell'ignoranza: appellativo di Arjuna.
5 Appellativo di Dhrtarāṣṭra.
6 In questo caso è appellativo di Arjuna.
7 Irreale e mortale è il corpo illusorio, mentre reale ed immortale, dunque non soggetto ad uccisione, è l'elemento spirituale.

Bhagavadgītā, II, vv. 4-16. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.