Il Signore di Shang

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La vita

Il Signore di Shang (Shang Yang) ha ricoperto un’alta carica politica nello Stato di Ch’in dal 359 al 338 a.C., durante il Periodo degli Stati combattenti. Il suo pensiero guidò alcune importanti riforme che consentirono a quello Stato, piccolo e marginale, di acquistare progressivamente una potenza tale che lo porterà a travolgere gli altri Stati e unificare la Cina sotto il suo controllo, dando vita a una nuova dinastia. Ciò avvenne grazie a un pensiero spregiudicato, che abbandonato ogni umanitarismo propugnava l’uso della forza e della paura nel governo del popolo.

Figlio di una concubina, Shang Yang nacque nello Stato di Wei. Assunto al servizio del duca Hsiao dello Stato di Ch’in, acquisì in esso grande importanza come consigliere militare; i suoi metodi però gli suscitarono una forte opposizione interna che sfociò, alla morte del sovrano, in una accusa di tradimento. Secondo la tradizione, Shang Yang fu vittima delle sue stesse leggi: fu accusato di tradimento in base a una legge da lui stesso promulgata e non poté nascondersi in una locanda perché non aveva con sé i documenti di identità necessari i virtù di un’altra sua legge. Catturato e ucciso, il suo corpo fu smembrato e la sua intera famiglia venne sterminata. Il suo nome è legato al Libro del Signore di Shang, che è stato accompagnato nei secoli dalla fama di libro maledetto, come maledetto è considerato il suo autore.

Potere e paura

Il pensiero politico cinese prima di Shang Yang è guidato sempre da una visione etica: chi governa deve occuparsi del bene del popolo e non può farlo se non favorendo lo sviluppo della virtù che dovrà praticare egli stesso, proponendosi come esempio. Un governante virtuoso ha il favore del popolo e, al tempo stesso, quello del Cielo.

Il Signore di Shang accantona invece ogni preoccupazione etica, concentrandosi solo sull’efficacia dell’azione politica. Nella sua visione l’etica non solo non aiuta, ma è un ostacolo sia al potere sul popolo che all’espansione di uno Stato. Il potere è solido solo se fondato su un ricorso feroce alla paura e alla forza, su un sistema di regole ferree; chiunque non le rispetti dev’essere punito con metodi tali da dissuadere chiunque dal seguirne l’esempio.

I malvagi al potere

Lo Stato pensato dal Signore di Shang è un sistema fondato dalla dipendenza totale degli individui dal sovrano. Chiunque può avere la vita più o meno semplificata, ricevendo ricompense o punizioni, in base alla sua sottomissione al volere del sovrano.

In aperta opposizione verso qualsiasi forma di meritocrazia, il Signore di Shang sostiene che i malvagi devono governare i virtuosi. Il ragionamento è il seguente: se al potere ci fossero uomini buoni e virtuosi e tra il popolo i malvagi, sarebbe facile per questi ultimi ingannare i primi; il governo sarebbe in balia del popolo, essendo in mezzo al popolo i soggetti privi di scrupoli. Occorre invece promuovere questi ultimi, in modo che sottomettano con la forza e la paura gli altri. Il Signore di Shang non ha alcuna fiducia nel fatto che il potere possa fondarsi razionalmente e le leggi possano essere seguite spontaneamente. Non c’è governo senza leggi e non c’è ubbidienza alle leggi senza paura. Occorre dunque un sistema di punizioni rigorosissime, che comprendono la pena di morte con procedimenti particolarmente crudeli, e che non fanno distinzione alcuna, colpendo ugualmente le persone del popolo e i ministri più potenti. I sudditi inoltre sono spinti alla delazione anche verso i propri parenti; chi denuncia un reo ottiene come ricompensa la conquista di un maggiore rango sociale.

I potere del governo si esercita sul popolo. Ciò implica la necessità che il popolo sia debole. “Un popolo debole significa uno Stato forte e uno Stato forte significa un popolo debole”1. Ben lontano dal promuovere il benessere del popolo, il sovrano si occuperò dunque di rendere la vita il più difficile possibile. Per questo l’economia dovrà essere centrata sull’agricoltura, l’attività più pesante, affinché tutti vivano una vita di fatiche. Chi vorrà sottrarsi ad esse avrà una unica via d’uscita: dedicarsi alla vita militare. E il servizio nell’esercito è l’unico che consenta di acquisire meriti e ricompense.

La guerra

Per lo Stato la guerra non è una eventualità, ma una condizione necessaria e permanente. Esso deve proporsi la guerra come strumento di governo:

Se il paese è forte e non viene fatta guerra, il veleno verrà portato nel suo territorio, sorgeranno riti, musica e le funzioni parassitarie e lo smembramento sarà inevitabile. Ma se il paese [essendo forte] entra in guerra, il veleno verrà portato al nemico e il paese, indenne da riti, musica e funzioni parassitarie, sarà forte.2

La guerra è l’unica occupazione cui possa dedicarsi un suddito, oltre all’agricoltura. Il commercio è ostacolato, così come l’artigianato. La produzione di grano ad uso interno è la base di tutta l’economia, mentre scarseggiano beni considerati di lusso come il vino e la carne. Poiché i contadini non hanno bisogno di essere istruiti, l’istruzione stessa è un male e dev’essere combattuta. La cultura, la musica, i riti sono, come si legge nel passo citato, forme si parassitismo che distolgono il popolo dal suo unico compito, che è quello di lavorare la terra o di combattere. Il popolo, dice il Signore di Shang, dovrà essere stupido (p. 149), perché solo così potrà non disprezzare l’agricoltura ed essere docile.

Il successo militare di uno Stato dipende, più che dalla strategia e dalla tattica, che pure sono importante, da queste riforme interne. Prima di affrontare una guerra lo Stato dev’essere saldamente fondato sulla legge, privo di qualsiasi divisione interna, con un popolo interamente sottomesso. Se le condizioni di vita di tutti saranno durissime, i soldati saranno addestrati ad affrontare i pericoli; sapendo, poi, che ogni atto di viltà sarà certamente punito con una morte terribile, non mancherà di impegnarsi in battaglia. La mancanza di intellettuali farà sì che presso il popolo non circolino idee tali da fomentare il disordine e la ribellione.

Bibliografia minima

Il libro del Signore di Shang, a cura di J.J.L. Duyvendak, Adelphi, Milano 1989.

Note

1 Il libro del Signore di Shang, a cura di J.J.L. Duyvendak, Adelphi, Milano 1989.
2 Ivi, p. 167.
 
Testo di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International. Nell'immagine: L'esercito di terracotta. Licenza CC Zero.