[Kant]

Noto per la sua semplicità di vita, per le abitudini regolarissime e a tratti bizzarre, Kant colpiva anche per l’assenza apparente di qualsiasi impulso sessuale. Nel 1999 il giornalista satirico francese Frédéric Pagès pubblicò con lo pseudonimo Jean-Baptiste Botul il libro La vita sessuale di Immanuel Kant, in cui tra poneva in relazione il suo rigetto della sessualità con la sua pratica filosofica:

Il nostro filosofo ha un problema con la riproduzione della specie. Ciò che egli evita non è il sesso, è la sua conseguenza, vale a dire la proliferazione dell’umano, questa volontà cieca di perseverare nel proprio essere che Schopenhauer chiamava Volontà (con la maiuscola), questa furia di perpetuarsi che va al di là della nostra volontà e dei nostri impulsi individuali. [Quello che è disgustoso è il conatus, oserei dire il cunnatus.] Tutte le specie viventi vogliono sciamare, l'umanità non fa eccezione. Ma come individui, per una sorta di miracolo, possiamo rinunciare. Questa si chiama castità, che non è negazione del piacere ma della generazione. Che provenga dall'intelletto o dal basso addome, un piacere vale un altro. Ma il sesso è unico in quanto agita l'individuo a beneficio della specie. Ci copriamo le orecchie per non sentire sotto i nostri discorsi amorosi, nei nostri più raffinati romanzi, come un basso continuo, il ruggito della Vita che pretende il dovuto. Nel coito, l'uomo si abbassa al livello dell'animale non perché provi piacere, ma perché obbedisce all'istinto di riproduzione. C'è un modo per sfuggire a questo triste destino. È la filosofia. Se la maggior parte dei filosofi erano single, è per mostrare che lo scopo ultimo dell'Umanità non è riprodursi. Non siamo cani, non siamo parameci, non siamo conigli. La filosofia è l'affermazione che esiste un modo non sessuale di perpetuarsi. Le eredità filosofiche fanno a meno dei geni. (Botul 2000, Septième Causerie)

Occorre notare che nei suoi scritti Kant afferma che è possibile considerare in due modi l’atto sessuale: o come fatto appartenente unicamente alla natura animale – per il quale usa termini latini come vaga libido, venus volgivaga, fornicatio – o secondo la legge, vale a dire con il matrimonio. Per Kant una unione sessuale al di fuori del matrimonio è inaccettabile; un uomo e una donna prima di unirsi sessualmente devono sposarsi, poiché il matrimonio “è un contratto necessario basato sulla legge dell’umanità“ e sulle ”leggi giuridiche della ragione pura” (Kant 2006, p. 159). Ma questo non vuol dire che la riproduzione sia lo scopo del matrimonio e sia esso a dargli forma giuridica; se così fosse il matrimonio potrebbe cessare una volta realizzata la riproduzione.

È stato anche ipotizzato che Kant avesse tendenze omosessuali. Nella stessa pagina dei Metafisica dei costumi si trovano giudizi moto duri sull’omosessualità, addirittura accomunata all’accoppiamento con animali.

L’unione sessuale (commercium sexuale) è l’uso reciproco che un essere umano fa degli organi e delle facoltà sessuali di un altro (usus membrorum et facultatum sexualium alterius). Quest’uso può essere esercitato o in modo naturale (tale da poter generare propri simili) oppure in modo innaturale, e quest’ultimo può riguardare o una persona dello stesso sesso oppure un animale di specie diversa da quella umana. Queste trasgressioni delle leggi si chiamano vizi contro natura (crimina carnis contra naturam) o anche vizi innominabili, i quali, in quanto lesivi dell’umanità posta nella nostra propria persona, non possono sottrarsi, senza alcuna restrizione ed eccezione, al biasimo universale (Ibidem).

Kant è stato uno straordinario innovatore in molti campi; non, evidentemente, in quello della morale sessuale.

Riferimenti bibliografici

Jean-Baptiste Botul, La vie sexuelle d’Emmanuel Kant, Éditions Mille et Une Nuits, Paris 2000 (ebook)
Immanuel Kant, Metafisica dei costumi, a cura di Giuseppe Landolfi Petrone, Bompiani, Milano 2006.

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