La dottrina dei minimi

[Epicuro]

Gli atomi sono diversi per la forma, l'aspetto e la grandezza. Devono avere tuttavia un limite massimo di grandezza, poiché tutti gli atomi sono per noi invisibili, mentre se non ci fosse una grandezza massima avremmo degli atomi talmente grandi da essere visibili, e alcuni addirittura colossali. Ma occorre che vi sia anche un limite alla loro piccolezza, altrimenti gli atomi finirebbero per scomparire nel nulla. La varietà atomica copre dunque uno spettro che va da un minimo a un massimo, con quest'ultimo che resta al di sotto della soglia della percezione visiva.

Ma come distinguere un atomo piccolo da uno grande? Benché gli atomi siano assolutamente indivisibili, è possibile riconoscere in essi dei minimi (elachista). Queste parti non sono separabili dal resto dell’atomo, e dunque non ne sono elementi costitutivi, ma possono essere individuati teoricamente e distinti dall’insieme dell’atomo.

Con questa dottrina, non facile, esposta nei paragrafi 56-59 della Lettera a Erodoto, Epicuro si distingue dall’atomismo di Leucippo e Democrito, per i quali ogni atomo ha caratteristiche di unità e indivisibilità; e con ogni probabilità la dottrina rappresenta il suo tentativo di rispondere alle obiezioni che Aristotele aveva fatto all’atomismo (Fisica, VI.1). Se un atomo non ha parti, in che modo gli atomi possono entrare in contatto tra di loro? Il contatto avviene sempre tra due parti. Inoltre bisognerebbe negare l’esistenza di atomi dalla forma diversa. Ogni forma infatti consente di distinguere parti diverse: in un rettangolo possiamo distinguere i quattro lati, una parte sinistra e una destra, un alto e un basso, eccetera. La teoria consente dunque a Epicuro di spiegare come gli atomi possano avere forme diverse, entrare in contatto tra di loro e muoversi. 

Testo di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.