L'io e le sensazioni

[Il Buddha]

 

La negazione sia dell’anima sostanziale che di un sé come principio psicologico di identità è uno dei punti fondamentali dell’insegnamento del Buddha. In questo passo del complesso Mahānidānasutta il Buddha analizza il rapporto tra io/anima e sensazione. Non c’è io senza sensazione, e tuttavia è impossibile identificare le sensazioni con l’io, a meno che non si consideri l’io stesso come una realtà evanescente.

 

Come lo considerano coloro che considerano l’io?1 Considerano la sensazione (vedanā) come io: "La sensazione è il mio io". Oppure lo considerano come segue: "La sensazione non è assolutamente il mio io. Il mio io non sperimenta la sensazione". Oppure lo considerano come segue: "La sensazione non è il mio io. Ma non è che il mio io non sperimenta la sensazione. Il mio io sente, perché il mio io è suscettibile di sentire".

Ora, Ānanda, a coloro che dicono: "La sensazione è il mio io" dovreste dire: "Amico, ci sono tre sensazioni: piacevole, dolorosa e neutra. Quale di queste consideri come sé?’". Ānanda, quando si prova una sensazione piacevole, non si prova una sensazione dolorosa o neutra; si prova solo una sensazione piacevole. Quando si prova una sensazione dolorosa, non si prova una sensazione piacevole o neutra, ma solo una sensazione dolorosa. Quando si prova una sensazione neutra, non si prova una sensazione piacevole o dolorosa, ma solo una sensazione neutra.

Le sensazioni piacevoli, le sensazioni dolorose e le sensazioni neutre sono tutte impermanenti (aniccā), condizionate (saṅkhatā), causate (paṭiccasamuppannā),2 suscettibili di finire, svanire e cessare. Quando si prova una sensazione piacevole si pensa: "Questo è il mio io". Quando la sensazione piacevole cessa, si pensa: "Il mio io è scomparso". Quando si prova una sensazione dolorosa, si pensa: "Questo è il mio io". Quando la sensazione dolorosa cessa, si pensa: "Il mio io è scomparso". Quando si prova una sensazione neutra si pensa: "Questo è il mio io". Quando la sensazione neutra cessa, si pensa: "Il mio io è scomparso". Chi dice che "la sensazione è il mio io" considera come io ciò che è evidentemente impermanente, un misto di piacere e dolore, suscettibile di aumentare e diminuire. Ecco perché non è accettabile considerare la sensazione come io.

Ora, per quanto riguarda coloro che dicono: "La sensazione non è assolutamente il mio io. Il mio io non sperimenta la sensazione", dovreste dire loro questo: "Ma amico, dove non c'è assolutamente nulla di sentito può verificarsi il pensiero ‘io sono’ (ayamahamasmī)?".

“No, signore”.

“Ecco perché non è accettabile considerare l’io come ciò che non prova sensazioni. Per quanto riguarda coloro che dicono: "La sensazione non è sicuramente il mio io. Ma non è che il mio io non prova sensazioni. Il mio io sente, perché il mio io è suscettibile di sentire", dovreste dire loro questo: "Supponiamo che le sensazioni cessino totalmente e completamente, senza che rimanga nulla. Quando non c'è più alcuna sensazioni, con la cessazione della sensazione, si verificherebbe il pensiero ‘io sono’?".

“No, signore”.

“Ecco perché non è accettabile considerare l’io come ciò che è suscettibile di sentire.”

 

1 Atta. Il termine può indicare tanto l’anima come realtà sostanziale quanto il sé come principio psicologico.
2 Le sensazioni non sono realtà sostanziali, ma fenomeni momentanei originati da una causa esterna.

Mahānidānasutta, Dīgha Nikāya, 15. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY-SA 4.0 International.