Lo spazio

In questo passo di non facile lettura della prima Critica Kant spiega le ragioni per le quali considera lo spazio una forma a priori. Esso non può essere derivato dai fenomeni, perché è una precondizione perché si faccia esperienza dei fenomeni stessi.

Per mezzo del senso esterno, (una qualità della nostra mente), immaginiamo gli oggetti come se fossero fuori di noi, e tutti complessivamente nello spazio. Lì la loro forma, la loro dimensione e la relazione tra loro sono determinate, o determinabili. Il senso interiore, per mezzo del quale la mente guarda se stessa, o il suo stato interiore, non offre una visione dell'anima stessa come oggetto; tuttavia c’è una forma definita, per la quale soltanto è possibile la visione del suo stato interiore, così che tutto ciò che appartiene alle determinazioni interiori si presenta in rapporti di tempo. Il tempo non può essere visto esternamente, così come lo spazio non può essere visto come qualcosa dentro di noi. Ora cosa sono lo spazio e il tempo? Sono entità (Wesen) reali? Sono solo determinazioni, o relazioni di cose, ma tali che apparterrebbero ad esse in se stesse, anche se non fossero guardate, o sono tali che aderiscono solo alla forma della percezione, e di conseguenza alla natura soggettiva della nostra mente, senza la quale questi predicati non possono essere attribuiti a nessuna cosa? [a] Per istruirci su questo, consideriamo prima lo spazio. Intendo con esposizione (expositio) la rappresentazione chiara (anche se non dettagliata) di ciò che appartiene ad un concetto; l’esposizione è metafisica, se contiene ciò che il concetto rappresenta come dato a priori.

1)Lo spazio non è un concetto empirico dedotto dall'esperienza esterna. Infatti, perché certe sensazioni possano essere riferite a qualcosa al di fuori di me (cioè a qualcosa che si trova in un altro luogo dello spazio rispetto a quello in cui mi trovo), e allo stesso modo perché io possa immaginarle separate l'una dall'altra, e quindi non semplicemente diverse, ma in luoghi diversi, dev’esserci già al fondo l'idea di spazio. L'idea di spazio, dunque, non può essere presa in prestito dalle condizioni dell'apparenza esterna attraverso l'esperienza, ma questa esperienza esterna è essa stessa possibile solo in primo luogo attraverso tale rappresentazione. [b]

2)Lo spazio è un'idea necessaria a priori, che sta alla base di tutte le percezioni esterne. Non si può mai immaginare che non ci sia spazio, anche se si può certamente immaginare che non ci siano oggetti in esso. È dunque la condizione della possibilità dei fenomeni (Erscheinungen), non una condizione dipendente da essi, ed è una rappresentazione a priori che sottende necessariamente tutti i fenomeni esterni.

3)Lo spazio non è un concetto discorsivo o, come si dice, universale delle relazioni delle cose in generale, ma una pura percezione. Perché, prima di tutto, si può immaginare un solo spazio, e quando si parla di molti spazi, si intendono solo parti di uno stesso spazio unico. Né queste parti possono precedere l'unico spazio onnicomprensivo, per così dire, come sue parti costitutive (dalle quali è possibile la sua composizione), ma possono solo essere concepite in esso. È essenzialmente unico, e il molteplice è in esso, e di conseguenza anche il concetto generale di spazi in generale si basa solo su limitazioni. Ne consegue che, riguardo allo spazio, una visione a priori (che non è empirica) è alla base di tutti i concetti di esso. Così anche tutti i principi geometrici, per esempio che in un triangolo due lati insieme sono più grandi del terzo, non sono mai derivati da nozioni generali di linea e triangolo, ma dall’intuizione (Anschauung), e questo a priori con certezza apodittica. [c]

4)Lo spazio è rappresentato come una grandezza data infinita. Ora è vero che bisogna pensare ogni concetto come una rappresentazione che sia contenuta in una infinita quantità di diverse rappresentazioni possibili (come loro caratteristica comune), contenendole così dentro di sé; ma nessun concetto, in quanto tale, può essere concepito come se contenesse in sé un numero infinito di rappresentazioni. Tuttavia, lo spazio è pensato in questo modo (poiché tutte le parti dello spazio nell’infinito sono simultanee). Pertanto, la rappresentazione originaria dello spazio è un’intuizione (Anschauung) a priori e non un concetto. [d]

Immanuel Kant, Kritik der reinen Vernunft. Zweite hin und wieder verbesserte Auflage (1787) [Critica della ragion pura, seconda edizione], B37-40. Traduzione di Antonio Vigilante. Licenza CC BY 4.0.

 

a. Il senso esterno, con il quale cogliamo il mondo fuori di noi, ci presenta degli oggetti collocati nello spazio. Con il senso interno cogliamo il nostro mondo interiore, che si presenta ordinato in modo temporale.
b. La concezione dello spazio non può essere derivata dai fenomeni, perché è la condizione stessa dell’esperienza fenomenica. Non possiamo immaginare un oggetto senza spazio; possiamo immaginare uno spazio senza oggetti, uno spazio vuoto, ma non una esperienza della realtà che non sia spaziale.
c. Con questo ragionamento molto difficile da seguire Kant intende dimostrare che lo spazio non è un concetto, ma una intuizione sensibile. Il presupposto del ragionamento di Kant è che il concetto non è in grado di cogliere l’uno, che può essere colta invece solo dall’intuizione. Ora, lo spazio si presenta sempre in modo unitario; anche quando parliamo di molti spazi, essi sono parti di un unico spazio; dunque cogliamo lo spazio con una intuizione sensibile.
d. Qui Kant applica lo stesso procedimento all’infinità dello spazio. Noi possiamo immaginarci lo spazio come infinito. Ma la nostra ragione discorsiva non è mai in grado di cogliere l’infinito, per cui la rappresentazione dello spazio non può che essere intuitiva.