Perché bottega?

Ma perché bottega delle filosofie? Chi ha una bottega è un bottegaio. E che c'entrano i bottegai con i filosofi?

Bottega viene da apothḗkē, che indica un magazzino o deposito. Poiché in magazzino si mettono le merci da vendere, il termine è passato ad indicare un negozio. Ora, benché in effetti un po' abusato, il termine è adatto perché questo sito vuol essere esattamente un deposito di materiali per lo studio della filosofia. Ma ci sono altri due aspetti da considerare.

Il primo è la considerazione che il mondo del commercio e quello della filosofia non sono poi così distanti. Una cerca concezione elitaria della filosofia vuole che questa, come disciplina disinteressata, orgogliosamente inutile, nulla abbia a che fare con il vendere e comprare -- e ancora oggi i manuali di filosofia riportano l'eco dello scandalo suscitato dai Sofisti, commercianti di filosofia. E tuttavia nemmeno esisterebbe, senza il vivace scambio economico che caratterizzava i luoghi che hanno visto il fiorire dei primi filosofi. Nelle società nelle quali stagna l'economia, in cui lo scambio di beni è limitato e i rapporti commerciali sono poco sviluppati, anche le idee faticano a svilupparsi e ad allontanarsi dalla tradizione.

Ma la parola bottega rimanda anche al mondo dell'artigianato e delle professioni manuali. Va a bottega il giovane che vuole imparare un mestiere. E cosa c'entra, anche questo, con la filosofia? C'entra con una certa concezione della filosofia. Artigianale, per così dire. La filosofia come sapere che si costruisce progressivamente, facendo esperienze, maneggiando materiali, e soprattutto confrontandosi con altri.